È giunto a conclusione il progetto “Ficus carica, un’antica specie con grandi prospettive” condotto e finanziato dall’Ateneo di Pisa per rilanciare la coltura del fico, grazie ad un nuovo sequenziamento del genoma.

Un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa ha approfondito le conoscenze di questa pianta, la cui coltura sebbene attualmente in declino in Italia, è economicamente molto redditizia e risulta essere la risposta ottimale per recuperare i terreni marginali, altrimenti persi per l’agricoltura.

I ricercatori hanno lavorato due anni, dal 2020 al 2022, arrivando a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo che ha consentito loro di indagare la performance di questa pianta in condizioni di elevata salinità.

Come ha spiegato la coordinatrice del progetto la professoressa Barbara Conti, il fico è un importante alimento di base. La sua produttività dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta. Malgrado ciò, in Italia la sua coltivazione è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000 da cui giunge l’1% della produzione mondiale.

A fronte della scarsa coltivazione si ha invece in Italia una costante crescita dei terreni salini marginali o abbandonati che rappresentano oggi oltre 400mila ettari. Il rilancio di questa coltura è strategico anche in considerazione del quindicesimo obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride.

I risultati hanno dunque confermato che si tratta di una coltura ideale per il recupero dei terreni salini marginali. La salinità del terreno non determina infatti una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti del frutto, anzi la salinità porterebbe ad un adattamento della pianta che migliora le sue stesse capacità difensive.

Attraverso la sequenza dei corredi cromosomici paterno e materno e nel genoma, i ricercatori hanno identificato i geni coinvolti nell’accumulo degli zuccheri nel fico che sono risultati diversamente espressi nei frutti di piante sottoposte ad elevata salinità, pur non determinando cambiamenti significativi nel contenuto totale e nei suoi principali componenti.

Leggi l’articolo su intoscana.it