Gli orti urbani sono degli spazi verdi, spesso situati in periferia e ricavati da aree in precedenza degradate, che sempre più Comuni stanno dando in gestione temporanea ai cittadini, dando loro la possibilità di coltivare prodotti sani e di qualità da consumare a casa propria.

È un’iniziativa dalla storia antica, che oggi sta contribuendo a trasformare le città in luoghi più verdi, anche se i benefici di un orto urbano riguardano anche l’aspetto sociale.

Dopo le prime esperienze in Germania e Francia nel corso del XIX secolo, in Italia l’idea di orto sociale si fa spazio durante la Seconda Guerra Mondiale, con la creazione degli orti di guerra che, per questioni di necessità, sorgevano praticamente in ogni spazio verde pubblico, dai giardini alle aiuole, al fine di coltivare soprattutto verdure e legumi che sfamassero la popolazione.

Terminato questo periodo, l’dea dell’orto urbano fu abbandonata per ricomparire poi verso gli anni ’70, anche se è soltanto in tempi più recenti che questa iniziativa si è veramente diffusa. In particolare, qualche anno fa un’indagine Coldiretti aveva rilevato come gli orti urbani in Italia fossero addirittura triplicati tra il 2011 e il 2013, un po’ per effetto della crisi economica, ma soprattutto per l’attenzione sempre maggiore che le persone avevano iniziato a riservare alla qualità e alla provenienza del cibo. Questa crescita è proseguita negli anni successivi, culminata nel periodo pandemico in cui diverse città hanno contribuito a creare nuovi spazi pubblici per i cittadini intenzionati a coltivare.

Di orti urbani si parla in diversi regolamenti comunali per indicare “un appezzamento di terreno, coltivabile e non edificabile, pubblico o privato, sito all’interno dell’agglomerato cittadino e del territorio comunale di riferimento, in particolare nelle aree periurbane ed extraurbane”.

Per una definizione più completa, a livello nazionale è stata presentata il 28 aprile 2020 una proposta per rendere la situazione uniforme in tutta Italia. Si tratta del disegno di legge n.1784, secondo cui “ogni orto urbano non può superare le dimensioni di 400 metri quadrati. Al suo interno non è consentita la costruzione di edifici, mentre è consentita l’istallazione di un gazebo o di una struttura non abitabile, adibita esclusivamente agli usi connessi alla coltivazione, come la rimessa di attrezzi o prodotti raccolti”.

Normalmente gli orti urbani vengono concessi in gestione ai cittadini per un periodo limitato tramite un bando pubblicato periodicamente dai rispettivi Comuni, al quale si può accedere se si hanno determinati requisiti, anche se la priorità viene data alle categorie più deboli, come i disabili, i disoccupati o le persone a basso reddito. Esiste poi un’altra tipologia di orto urbano: si tratta dei cosiddetti giardini condivisi, che però vengono affidati non a un singolo bensì a delle associazioni.

Gli orti urbani possono assumere così diverse caratteristiche:

  • Orti aziendali: quelle aree verdi messe a disposizione da alcune aziende per i propri dipendenti che, dopo il lavoro, si divertono a coltivare la terra. L’obiettivo è quello di fornire ai propri dipendenti uno spazio in cui tenersi in forma mentalmente e fisicamente, all’aria aperta.
  • Orti didattici: curati da bambini e/o studenti al fine di raggiungere un obiettivo stabilito all’interno del programma scolastico. Per esempio, nel caso dei bimbi più piccoli, lo scopo può essere quello di prendere confidenza con la natura. Oppure, per gli studenti più grandi, può trattarsi di sperimentare sul campo una tecnica studiata durante le lezioni teoriche. Questo avviene frequentemente negli istituti agrari.
  • Orti terapeutici: in questo tipo di realtà si utilizza il mondo della natura per contribuire al trattamento di alcuni disturbi, spesso curati contemporaneamente con la medicina tradizionale. Gli orti terapeutici vedono la collaborazione di medici e psicologi per fornire ai partecipanti il miglior aiuto possibile. Possono partecipare a questi progetti anche persone che hanno bisogno di essere riabilitate a livello sociale, magari dopo aver sperimentato una pena detentiva.
  • Orti sociali: sono quelli coltivati al fine di migliorare la qualità della vita delle persone. L’obiettivo, quindi, è soprattutto la socializzazione, accompagnata dal desiderio di un modello di vita più sostenibile.

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